Di SUV, sogni ad occhi aperti e buoni Samaritani

Sono ormai passate quattro settimane dal nostro arrivo. Qualche giorno fa, la ditta che si occupa del nostro trasloco ci ha inviato una mail in cui si confermava l’arrivo a Boise delle merci spedite via aerea e si annunciava che il 28 aprile sarebbero partite da Livorno quelle trasportate via mare (e terra). Ci sono volute tre settimane per spostarli da Villasanta a Livorno ma, in un solo mese, i nostri scatoloni raggiungeranno Portland, in Oregon, dopo aver solcato il mar Mediterraneo, l’Oceanio Atlantico, quello Pacifico ed aver attraversato lo Stretto di Gibilterra e l’istmo di Panama.

Queste mie prime settimane boisiane hanno avuto come indiscussa protagonista una delle attività che mi riesce meglio: guidare. Come vi ha raccontato Gio, circa tre settimane da abbiamo acquistato una nuova (di seconda mano) auto. Per chi non avesse letto il post Di Giovanni, si tratta di un RAV-4 verde scuro di cui sono diventata la, seppur temporaneamente, principale utilizzatrice.

Comprare una macchina ha segnato una svolta importante non solo nel nostro conto in banca, ma anche nella storia mia e della nostra neonata famiglia. Poco importa se è già da qualche anno che sulla mia carta di identità compare la scritta “ricercatrice” alla voce occupazione e ancor meno contano le incertezze che caratterizzano questa avventura americana – che mica lo sappiamo quanto rimarremo da queste parti. Di fatto, solo dopo aver acquistato questa mia prima macchina ho sentito che ero fuoriscita una volta per tutte dal mondo degli studenti fuori sede sempre un po’ appesi e provvisori ed ero entrata nel magico mondo degli adulti e….delle donne che tengono famiglia. Eh sì, perchè questo RAV-4 rappresenta anche il primo acquisto della recentemente fondata Mazzone&Bonfanti. Certo, la Mazzone&Bonfanti ha già avuto modo di misurarsi su decisioni ben più grosse dell’acquisto di un’auto ma, per qualche strano e forse troppo borghese meccanismo psicologico, comprare una macchina rimane, nel mio immaginario, come una-tappa-importante-della nostra-nuova-vita-insieme.

Il fatto che la suddetta autovettura appartenga alla categoria dei SUV (es iu vi, per essere precisi) ha poi provocato in me un vero e proprio terremoto identitario. Sono cresciuta con la faccia di Gramsci in bella mostra su uno scaffale della libreria del salotto e sentendomi ripetere il seguente mantra: “la macchina è un mezzo, non uno status simbol. Deve essere compatta, consumare poco e durare tanto”. In ossequio a Gramsci e coerentemente con tale mantra, la famiglia Bonfanti ha posseduto, da quando sono nata, le seguenti macchine: una UNO color cacchina, durata 10 años de edad, forse più e che, nel lontano 1989, ci ha portati in Bulgaria e riportati sani e salvi a casa; una UNO color grigio metallizzato (anche lei duarata 10 años de edad, forse più) a cui ad un certo punto mio padre ha fatto installare l’impianto a gas; una 126 bianca (la nostra prima seconda macchina); una PUNTO azzurra che, dopo 15 anni di onorato servizio, continua a portare in giro mia madre; una CLIO – il fatto che sia durata solo un paio di anni è da ricondurre ad un brutto incidente, non ad una botta di consumismo paterno – e una OPEL CORSA, attualmente in servizio.
Ho accettato di sposare Giovanni perché, con la sua FIESTA a gas, dava continuità alla tradizione di auto compatte, che consumano poco etc…E, en lugar, zac, è bastato che iniziasse ad annusare il profumo degli Stati Uniti perché cominciasse a teorizzare l’utilità dei SUV a quattro ruote motrici per le nostre gita nella natura, per l’inverno in cui cadrà neve abbondante ….

Insomma, com’è come non è, lunedì scorso, nel parcheggio di un supermercato, mi sono resa conto di aver abbandonato l’universo dei ciclisti eroico-masochisti e di essere entrata a far parte della categoria, odiossima ed imbarazzante, delle-donne-SUV-incapaci-al-volante, su cui, per altro, è già stata scritta una letteratura tanto copiosa quanto poco lusinghiera. Per anni sono andata a fare la spesa in bici o a piedi trasportando per svariati chilometri zaini e borse strapieni che nemmeno uno sherpa….E invece lo scorso lunedì mi ha sorpresa a riporre i miei numerosi sacchetti nello sconfinato bagagliaio del RAV-4. Spaventata a confusa mi sono guardata nello specchietto del RAV e, giurando che avrei vigilato sulla mia integrità morale, mi sono “rassicurata” dicendomi che dal 5 maggio in poi ritornerà tutto come come prima. Restituiremo la macchina a noleggio e io tornerò a fare la spesa in bici e a pedalare 45 minuti per raggungere il centro di yoga con i suoi 90 minuti di lezione a 40 gradi….Sì, lo so, l’inferno non potrà essere molto peggio di così…

La mia ostilità verso il SUV è probabilmente altamente correlata anche al fatto che, come anticipavo, al volante sono una capra. La mancanza di vie di mezzo che mi è propria si riflette anche nel modo in cui guido. Le prime volte che percorro una strada sono molto tesa e quindi concentratissima sui cartelli stradali, sulle altre macchine e, soprattutto, sono attentissima a seguire le indicazioni del navigatore senza confondere la destra e la sinistra, un problema che mi perseguita dal primo giorno di prima elementare…Per farla breve sono Bonfanti nella sua miglior versione della scolaretta secchiona. Appena prendo un po’ di confidenza con il percorso, en lugar, mi trasformo nelle adoloscenti che non sono mai stata: la ragazzina sbadata che si perde nei suoi pensieri e si accorge di dover cambiare corsia solo all’ultimo momento o la tamarra di paese che schiaccia sull’accelleratore e se ne infischia delle distanze di sicurezza. La posizione dominante che il SUV regala, chiara prova del fatto che i SUV sono stati inventati da gente bassa o insicura, non fa che acuire la sindrome del tamarro prepotente.
Fortunatamente, pero, non sono lasciata in balia di me stessa. Da un lato c’è Giovanni che, ancora ignaro della mia anima tamarra, mi ha inizialmente incoraggiata a mettermi al volante del RAV-4 da sola, sconfiggendo così una morsa allo stomaco da esame di maturità. La seconda inaspettata fonte di aiuto è il “Driver’s Manual IDAHO”, il libretto che stiamo studiando per sostenere l’esame teorico della patente.
A riprova del fatto che devo essere riuscita a narcotizzare, almeno parzialmente, il mio animo da scolaretta secchiona, ho rimandato la lettura di questo manualetto il più a lungo possibile. Qualche giorno fa, pero, la nostra consulente ci ha proposto di prenotare l’esame per lo scorso venerdì. A malincuore, negli ultimi giorni ho quindi dedicato qualche ora alla sua lettura. Se le prime pagine annoiano con la loro lista di regole da imparare a memoria, i capitoli successivi regalano un sacco di gioie inaspettate. Nell’introduzione del capitolo quarto, per esempio, si leggono frasi del tipo “per essere un buon automobilista non solo devi rispettare le regole e procedure di guida ma devi anche mantenere un atteggiamente cortese e attento verso gli altri automobilisti”….”Devi essere consapevole del fatto che il modo in cui ti metti al volante può influenzare il tuo comportamento. Il modo in cui una persona gestisce la potenza e la velocità di una macchina spesso rivela il suo carattere. Ti renderai presto conto se sei incline a guidare come un bullo, un delinquente sconsiderato o come un automobilista cortese e attento […].” Mentre queste sagge parole scorrevano sotto i miei occhi sono stata invasa dalla stessa becera sensazione di meraviglia e imbarazzo che provo quando leggo un oroscopo di Rob Brezsny particolarmente azzeccato (http://www.internazionale.it/oroscopo, per chi non lo conoscesse). Colpita da tanta chiaroveggenza, ho deciso che valeva la pena di interiorizzare le raccomandazioni che poco dopo il libretto impartisce e che negli ultimi giorni mi hanno provvidenzialmente destata dalle mie immancabili elucubrazioni da volante: “il sedile del guidatore non è un posto per sognare ad occhi aperti, intrattenere intense conversazioni o ammirare panorami. Dopo troppi incidenti, l’automobilista che sopravvive dice ‘non so cosa sia successo’.” In effetti, quando, due giorni dopo essermi dottorata, ovvero il giorno prima di partire per la luna di miele, ho urtato una macchina parcheggiata lungo la strada, è stata proprio quella la frase che ho pronunciato tra lo stupito e il colpevole.

A queste pagine, evidentemente redatte da qualche rappresentante della locale chiesa mormona, seguono sezioni indubitabilmente estratte da qualche compendio di educazione civica pubblicato dal governo dell’Idaho, in compartecipazione con lo stesso rappresentate della chiesa mormona, per favorire l’integrazione degli immigrati presenti sul suo territorio. A pagina 12 del capitolo quarto, infatti, si scopre che la legge che obbliga a soccorrere le persone coinvolte in un incidente di cui si sia testimoni si chiama “Good Samaritan Law”. “Evviva la laicità dello stato dell’Idaho” ho pensato! Le mie profonde riflessioni sui rapporti stato-chiesa in questa parte di mondo sono state bruscamente interrotte dalla lettura del titolo di uno dei paragrafi successivi “Rimanare bloccati durante l’inverno”. Segue il consiglio di non mettersi mai al volante nei mesi invernali senza un kit di emergenza che deve contenere almeno 15 oggetti tra cui un coltellino, delle barratte energetiche, guanti e cappelli di scorta e dei razzi luminosi. Il paragrafo si conclude con l’ammonimento a non allontanarsi mai dalla macchina in cerca di aiuto durante una nevicata perché “la maggior parte delle morti accadono quando le persone lasciano la propria macchina, si perdono e si congelano”.

Stando così le cose, mi tocca ammetterlo, questa cosa del SUV con quattro ruote motrici potrebbe non essere così negativa…. E se nemmeno quelle fossero abbastanza, non resterà che confidare davvero nell’avvento di qualche Buon Samaritano, magari in sella ad uno di quei pick-up sul cui acquisto ho messo un decissimo veto.

3 thoughts on “Di SUV, sogni ad occhi aperti e buoni Samaritani

  1. suggerisco di guidare con un guanti colorati (diversi)… può essere di estremo aiuto! 😉

  2. Sara, sai bene che alla guida di un qualsiasi veicolo motorizzato (figuriamoci di un SUV!) da sola e in un paese straniero ti considero già un’eroina. Se poi ti porti dietro anche dei RAZZI LUMINOSI vuol dire che dovrò proprio attraversare l’oceano per venire a dare un’occhiata a questo fenomeno paranormale!! Baci, Irene

    • A pensarci bene era più eroico andare in bicicletta a Parigi la mattina alle 8 del mattino 😉 Per i razzi luminosi aspettiamo l’arrivo dell’inverno. Poi ti portiamo nella Boise forest e lungo laPoderosa Pine Scenic Bywayne lanciamo qualcunoNon puoi davvero non venire!

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *