Di indirizzi e inizi

Quando, a giugno dello scorso anno, Giovanni mi ha comunicato che era arrivata La Proposta ero sdraiata sul mio letto di Firenze, sfinita dall’unica settimana di caldo torrido di tutta l’estate del 2014 e, probabilmente, dall’ennesima giornata in cui al lavoro avevo prodotto centinaia di inutili tabelle. Eravamo al telefono già da alcuni minuti. Quasi certamente avevo monopolizzato la conversazione con le mie lamentele. Ad un certo punto, come se si fosse dimenticato di dirmi una scemenza qualunque, mi ha detto: “Ah poi c’è una novità: Mi hanno proposto di trasferirmi a Boise.” Le sue parole hanno immediamente proiettato nel mio cervello la scritta THE WAY OUT, una luce in fondo a quel tunnel che, più o meno a ragione, più o meno a torto, mi sembrava la mia vita di allora. Un tunnel collocato nella città più bella del mondo e popolato di amici e colleghi che ad-avercene-così, ma pur sempre un tunnel. Al lavoro mi sentivo sistematicamente svalutata, non so se dalla mia scarsa autostima o dalla scarsa considerazione del mio capo, non mi ero ancora del tutto ripresa dal mancato dottoramento di due mesi prima, annusavo la mole di lavoro e i casini che avrei dovuto sopportare per dottorarmi l’anno successivo, ero stanca di vedere Giovanni solo due/tre week-end al mese e di non sapere se, quando e dove ci saremmo riuniti.

Dopo qualche domanda tecnica, a cui Giovanni per lo più non aveva risposta – che la proposta era ancora piuttosto vaga – ho gridato un convintissimo “andiamo!”. Probabilmente non si aspettava tanto entusiasmo e sicurezza. Sta di fatto che, quasi a mo’ di obiezione, mi ha risposto “eh, ma per andare dobbiamo sposarci.”
Detto fatto (si fa per dire), il 14 febbraio 2015 ci siamo sposati, il 30 marzo siamo partiti e oggi, 12 aprile, eccomi qui a Boise. Scrivo seduta dal comodo divano di una casa che, da 10 giorni, chiamiamo “nostra” ma che, tra meno di due mesi, dovremmo lasciare per quella che sarà davvero casa nostra, almeno per qualche tempo.

Negli ultimi 12 anni ho cambiato un sacco di case, ho imparato a memoria un sacco di indirizzi in lingue diverse, ho memorizzato diversi cap/zip code che ora mi si mischiano un pò in testa. Ogni volta che ne devo imparare uno nuovo mi metto alla prova e verifico se mi ricordo quelli vecchi. Non scorderò mai l’inidirizzo svedese dell’Erasmus: Axtorpsvagen 40. Ho impiegato diversi giorni a pronunciarlo senza arrotolare la lingua. Indimenticabile anche l’indirizzo indiano (Govindpuri, gali number 3). Lo dicevo con disinvoltura a tutti gli autisti di rickshaw senza sapere che “gali”, se pronunciato male, non significa “vicolo” ma identifica qualche parte del corpo maschile. A Parigi ho abitato in rue du croissant 15. Ringrazio tanto la mia amica Angela che, subaffitandomi il suo loft di 19 metri quadri, mi ha dato l’opportunità di abitare in una via con una nome così bello. Gli indirizzi delle case brasiliane penso di non averli mai saputi. Quella di Vitoria do Mearim (nel celeberrimo stato brasiliano del Maranhao) era semplicemente a casa dos italianos na beira do rio, anche se a voler essere precisi era popolata da sei italiani e un anglo-brasiliano. La via in cui si trova la prima delle due case in cui ho abitato a Dias D’Avila (Bahia, Brasile) rimarrà sempre la-via-in-cui-ci-hanno-rapinati-con-la-pistola. Gli inidirizzi italiani sono più facili da ricordare e il migliore rimane sempre quello del posto in cui sono nata: Via Donatori del sangue 5/c, 20060 Bellinzago Lombardo. Come mi fece notare qualcuno diversi anni fa, nel nome della via in cui sono nata c’è un po’ il destino che mi sono scritta. No, non si riferiva ad una mia carriera da donatrice di sangue (per quella mi mancano un paio di chili e ho un antigene di troppo) ma alla mia innata tendenza a fare fatica, ce ne sia davvero bisogno o meno. Il nome del paese (Bellinzago Lombrado) ha fatto la felicità di vari amici fiorentini che per i nomi delle città del nord hanno un vero debole: qualcuno adora Legnano, un altro amava Vimodrone, c’è chi si sbellicava per i nomi che finiscono in –ate…

L’indirizzo di questa casa americana è lunghissimo: Retreat at Union Square, 10115 West Smoke Ranch Drive, Apt. 203, 83709, Boise, Idaho. La prima volta che abbiamo messo piede in questo appartamento avevamo sulle spalle 50 ore di viaggio che avevano incluso: una quindicina di ore di volo, una breve notte in un hotel di Amsterdam, attese snervanti in aeroporti europei ed americani, il tratto di strada dall’aeroporto di Boise in cui Gio aveva dovuto riprendere rapidamente familiarità con il cambio automatico e, dulcis in fundo, una ricerca grottesca durata almeno mezz’ora del nostro numero civico, il 10115 appunto. All’interno dell’altisonante complesso residenziale “Retreat at Union Square” tutti gli edifici hanno lo stesso aspetto e, nel buio di mezzanotte, non si scorgeva la minima traccia di numeri civici. Dopo vari giri esplorativi in cui il vento freddo ci ha strappati violetemente dal torpore del sonno dell’aereo, ormai sul punto di proporre a Gio di passare la notte in macchina, ho alzato gli occhi al cielo e….mi sono accorta che i numeri civici erano scritti sul timpano degli edifici (no, tranquilli, non abitiamo in un tempio greco ma non mi viene termine migliore…).

Da lì in poi, per fortuna, l’avventura americana è stata, fino ad oggi, tutta in discesa o quasi.
L’appartamento, ad eccezione del letto, un misero piazza e mezzo che mal si adatta al sonno inquieto di Giovanni, è comodo e grande. Grandi elettrodomestici, grandi divani, molta (morbida ed apparentemente pulita) moquette.
A dire il vero, da queste parti tutto è grande. Grandi i supermercati in cui si vendono grandi confezioni di uova (la più piccola da 12 pezzi) e di lattine di bibite (12 lattine in un unico parallelepipedo), grandi le taniche di latte e bevande varie (il barilotto più piccolo contiene un gallone di liquido, quasi 4 litri di roba!), grandi le distanze che cerco di coprire con la mia nuova bicicletta, grandi le auto che sfrecciano di fianco alla suddetta bicicletta, “grandi” le temperature: zero gradi centigradi equivalgono a 32 gradi faranheit – e così, anche se si barbella dal freddo, ci sono almeno 40 gradi. Improvvisamente grande anche il mio corpo che, secondo le unita’ di misura americane, pesa 103 libre ed e’ lungo 5 piedi… Sia sempre ringraziato l’inventore degli smartphone e delle loro applicazioni che permettono di convertire veloce veloce questo mondo sconosciuto nel familiare universo metrico decimale!
Non ho ancora deciso se Boise mi piaccia o meno. Le montagne così vicine, i cieli spesso molto azzurri, gli alberi fioriti e profumati, gli scoiattoli che ti attraversano la strada mentre pedali strappano un sorriso e fanno sentire ben accolti. Il numero infinito di centri commerciali, il puzzo di fast food che quando meno te lo aspetti ti afferra lo stomaco e le strade enormi mi fanno sentire nel posto sbagliato. D’altra parte i luoghi sono fatti anche e soprattutto delle persone che vi si incontrano.
Ad oggi, a parte Anne Gordon, la consulente che ci aiuta a gestire le cose pratiche, non ho conosciuto molte persone. Mi sono iscritta ad un corso di yoga-sauna simile a quello che praticavo a Parigi. Le istruttrici, tutte love&peace&soul (and sweat, dati i 40 gradi centigradi), sono molto carine ed accoglienti, ben diverse dalla loro rigidissima omologa parigina. In generale qui tutti coloro che lavorano a contatto col pubblico traboccano una friendliness che mal si concilia con la mia riservatezza lombarda. Caro commesso boisiano, se entro in un negozio a comprare un adattore e tu mi chiedi come sto, io mi confondo, mi chiedo se vuoi una risposta di cortesia o sei invece ti aspetti che che ti racconti davvero come mi sento. Nel secondo caso, ti avviso, corri il serio rischio che io dimentichi velocemente di essere una lombarda riservata e tiri fuori il mio lato psico-intimista…e te lo sconsiglio vivamente! Al supermercato, comunque, non è che siano tutti frizzi, lazzi e cotillon, per dirla con un mazzonismo. Qualche giorno fa abbiamo dovuto lasciare alla cassa una bottiglia di vino perché solo Gio aveva il passaporto e, dimostrando io meno di 40 anni, occorreva che entrambi mostrassimo un documento d’identità. La tentazione di raccontare al cassiere che io non bevo alcolici praticamente mai, che mi ci è voluto un esercito di soldatini (sanbitterini) rossi e di amici pressanti per diventare moderatamente brilla al mio addio al nubilato è stata forte. Ho preferito pero’ incassare il rifiuto con un grande sorriso e annottare mentalmente la lesson learned del giorno: mai più da WalMart senza passaporto!

Qui sotto trovate qualche foto di Boise e della nostra casa (timpano con numero civico inclusi).

 

 

12 thoughts on “Di indirizzi e inizi

  1. L’inizio del ‘reportage’ é molto promettente.
    A questo punto ci aspettiamo che tu riesca a pubblicare almeno un post a settimana.
    Aspettiamo le prossime puntate…

  2. Ciao Sara ! Bello …..molto il tuo resoconto dei primi giorni negli USA, molto ben scritto e dettagliato, decisamente scrivi bene. Sicuramente il tuo / vostro inizio è partito col piede giusto, con la giusta dose di entusiasmo, il che non guasta…anzi. Troppo forte sono i “vassoi” di uova e le “taniche” di latte…. tutto è più GRANDE in america, le mezze misure non le conoscono. Le foto mostrano quantomeno un bel paesaggio, la casa sembra accogliente e carina, gli spazi paesagistici ovviamente infiniti ! Continua a desciverci, nel tempo, le vostre avventure / impressioni, sicuramente saranno interessanti. Tempo un paio di mesi e sarete…. americanizzati, o no ?!? Vi auguro una Buona continuazione della vostra nuova Vita. Un abbraccione e salutami tanto il Giovanni !!!
    Luca

    • Grazie Luca e perdona il super ritardo con cui ti rispondo. Siamo un pò discontinui nello scrivere ma continua a seguirci. Tanti saluti anche a Barbara e Rebecca!

  3. Che bello quest articolo Sara!Mi pareva di sentire la tua voce. In bocca al lupo!Tvb

  4. Ma che bello! Approvo assai l’idea del blogghe e delle foto 🙂

    M’han fatto spanzare due cose,
    1) i piedi e le libbre: consolati, se vivessi nella perfida albione la domanda sarebbe “Quante PIETRE pesi?” (c’è una pietra per ogni sette chili).
    2) il commesso boisiano, impagabile perché mi son riconosciuta nell’imbarazzo “e ora che cacchio rispondo?!?!” Gli anglofoni son bizzarri, dopo qualche mese a incespicare e abbozzare ho capito che l’auareiutudei è come il buongiorno per noi, basta prender la rincorsa e dire velocissimamente faindengsendiourself e tutto si aggiusta.

    Vogliamo foto dei pacchi di uova dalle cinque dozzine in su!!

    Basci a voi,
    Callas

    • Ma davvero il peso si misura in pietre da quelle parti?
      A proposito di commessi Boisiani l’altro giorno uno mi ha chiesto se avessi belle prospettive per la giornata mentre oggi un altro mi ha sfottuta perchè avevo il mio sacchetto in cui riporre la spesa. Io piccata gli ho detto che in europa siamo attenti all’inquinamento e che i sacchetti di plastica sono vietati.
      Vorrei andare in un supermercato a fare foto ai prodotti ma ho paura che mi arrestino!Comunque è in arrivo un post con tante foto….

      Tanti baci a te bedduzza

  5. Siete fantastici. Felice per voi, incuriosita, e con un po’ di invidia, continuo a seguirvi qui. Ciaooooooo!

    • Grazie Simona! Dovrei scrivere meno e più spesso ma sii paziente e non smettere di seguirci! Baci e saluti anche ad Anita 🙂

  6. che bello ragazzi!!! Sara, con questo post mi hai portata a spasso insieme a te! Sei riuscita a farmi vedere come in un film tutte le case in cui sei stata (diciamo che sono riuscita a visualizzare un po’ meglio quella di via donatori del sangue 5/c) e mi hai fatto percepire le tue/vostre emozioni per l’inizio di questa nuova stupefacente avventura dall’altra parte del mondo.
    Ancor prima di vedere le foto sono riuscita ad immaginarmi i posti, le vie e tutto ciò che hai magicamente descritto.
    Grazie Sara e grazie Giovanni. Grazie di portarci con voi!
    Attendo altri aggiornamenti!!! Buona continuazione e di nuovo in bocca al lupo.

    • Grazie Barbara! Scrivere fa soprattutto bene a me ma sono molto contenta se pure i lettori ne ricavano un pò di piacere 🙂 Sentiamoci ogni tanto su skype!
      Un grande abbraccio e tanti in bocca al lupo per tutti i tuoi impegni

  7. Vorrei comunque precisare che a Boise la liena dell’orizzonte non e’ oblique e anche case e alberti sono verticali… e’ che sara ha ancora bisogno di un po’ di pratica di fotografia! 🙂

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